Alfabeto cirillico: origini e storia

Alfabeto cirillicoUtilizzato da oltre 360 milioni di persone, l’alfabetizzazione del mondo slavo fu un atto necessario per l’unione dei popoli slavi, ma soprattutto per la loro indipendenza.

L’alfabeto cirillico fu creato da due fratelli – Cirillo e Metodio, detti gli Apostoli degli Slavi, nati a Tessalonica (Salonicco). Figli del magistrato Leone, legato alla corte di Bisanzio, ebbero la loro istruzione nella prestigiosa Università Imperiale di Costantinopoli, detta anche l’Università degli Studi della Sala del Palazzo di Magnaura (chiamata dai bizantini Pandidakterion) – l’unica università in quell’epoca (del 425).

In quei tempi nelle chiese cristiane dominava l’eresia trilingue, ovvero le liturgie dovevano essere eseguite solamente in lingua ebraica, greca e latina.

Ma la lingua slava era assolutamente estranea a tutte le lingue “sacre”. Come potrebbe essere capita la parola di Dio e le saggezze dei preti se veniva predicato in una lingua assolutamente sconosciuta e non parlata localmente dal popolo?
La soluzione del problema era evidente – creare un alfabeto e scrittura slava ed ottenere il suo riconoscimento canonico da Roma e Costantinopoli.

La nascita dell’alfabeto e scrittura slava

Nell’855 i due fratelli Cirillo e Metodio iniziarono a creare l’alfabeto cirillico. Cirillo rifiutò il suo posto di professore di filosofia nell’Università di Magnaura e possibile futura posizione dell’amministrazione bizantina per dedicarsi alla nuova missione – alfabeto e scrittura slava. Fu riconosciuto poliglotta ed eminente studioso.




La scrittura slava fu portata in Bulgaria dagli allievi dei due fratelli tessalonicesi Cirillo e Metodio, evangelizzatori rifugiatisi alla fine del IX secolo a Pliska, presso knyaz Boris I (sovrano dello stato bulgaro tra l’852 e l’889, durante il quale il popolo bulgaro fu battezzato nella religione cristiana nell’865).

Proprio in quel periodo (862) il sovrano di Moravia, Rostislav, chiese all’imperatore bizantino di inviare missionari nelle sue terre, celando dietro motivazioni religiose anche il fattore politico della preoccupante presenza tedesca nel suo regno. Cirillo accettò la missione e incominciò a tradurre brani del Vangelo di Giovanni inventando un nuovo alfabeto, detto glagolitico (da glagol, глагол – parola, tradotta in un’altro modo sarebbe “i segni che parlano”). Ogni segno/lettera ha un preciso significato e quando si recita dall’inizio alla fine sembra una poesia. Più tardi subì delle modifiche e divenne più facile da scrivere e leggere e fu riconosciuto come alfabeto cirillico.

Nell’867 i due fratelli santi Cirillo e Metodio si recarono a Roma per difendere il diritto agli slavi di avere un alfabeto ed eseguire le liturgie nella lingua slava. Durante il viaggio si fermarono a Venezia, dove ebbe luogo un’animata discussione con i sostenitori dell’eresia trilingue dove i fratelli si opposero con forza e difesero le loro opinioni (“Mica la pioggia non cade ugualmente per tutti? Il sole non splende per tutti? Non respiriamo tutti nello stesso modo e la stessa aria? Non vi vergognate a proclamare solamente tre lingue e volete che tutti gli altri popoli rimangono ciechi e sordi, perché sono ciechi i popoli senza libri“).

A Roma furono ricevuti da Papa Adriano II, che andò loro incontro in processione per accogliere le reliquie di San Clemente, ma non solo! Aveva già compreso la grande importanza della loro eccezionale missione – il Papa aveva intuito che i popoli slavi avrebbero potuto giocare il ruolo di ponte, contribuendo così a conservare l’unione fra i cristiani tra le due parti dell’Impero Romano, ovvero l’orientale e l’occidentale. Il Papa approvò la missione dei due fratelli nella Grande Moravia, accogliendo e approvando l’uso della lingua slava nella liturgia.

Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869. Venne sepolto presso la basilica di San Clemente. Metodio venne consacrato vescovo ed assegnato alla sede di Sirmium (odierna Sremska Mitrovica).

In Moravia però ci fu un cambiamento – al trono di Rostislav salì suo nipote Sventopolk, favorevole alla presenza tedesca nel regno, e così iniziò la persecuzione dei discepoli di Cirillo e Metodio. Metodio fu detenuto per due anni in Baviera ed infine morì nel sud della Moravia nell’885. I suoi discepoli vennero incarcerati o venduti come schiavi a Venezia. Una parte di essi riuscirono a fuggire verso i Balcani ed in Bulgaria si venerano come i Sette Apostoli della nazione – Cirillo, Metodio, Clemente, Nahum, Angelario, Saba e Gorazd. La vastissima attività dei discepoli di Cirillo e Metodio in Bulgaria diede origine alla letteratura bulgara, ponendo così le basi della cultura scritta anche dei nuovi grandi stati russi.




Grazie al lavoro continuo dei discepoli di Cirillo e Metodio anche l’istruzione del popolo ebbe un grande successo e persone di ogni classe sociale potevano imparare a leggere e scrivere velocemente e facilmente nella propria lingua. Mentre nello stesso periodo e più avanti nei secoli successivi in Europa occidentale la lingua ufficiale latina fu accessibile per i pochi dedicati. Secondo gli scienziati si stima che la popolazione alfabetizzata fu non più del 2-3%. In Bulgaria invece, l’alfabetizzazione comprendeva circa il 65 – 70% della popolazione.

Il 31 dicembre 1980 i due fratelli santi Cirillo e Metodio sono stati proclamati co-patroni d’Europa (assieme a Benedetto da Norcia) da Papa Giovanni Paolo II con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” in quanto evangelizzatori dei popoli slavi. Il Martyrologium Romanum ed il calendario liturgico dedicano ai fratelli santi Cirillo e Metodio la festa del 14 febbraio, nell’anniversario della morte del primo.

“In effetti, Cirillo e Metodio costituiscono un esempio classico di ciò che oggi si indica col termine “inculturazione”: ogni popolo deve calare nella propria lingua il messaggio rivelato ed esprimere la verità salvifica con il linguaggio che gli è proprio. Questo suppone un lavoro di “traduzione” molto impegnativo, perché richiede l’individuazione di termini adeguati a riproporre, senza tradirla, la ricchezza della Parola rivelata. Di ciò i due santi Fratelli hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa, alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione ed orientamento”.

Benedetto XVI, Udienza Generale,17 giugno 2009.

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